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Monsignor Gabriele Giordano Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l' ONU, con Papa Francesco Monsignor Gabriele Giordano Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l' ONU, con Papa Francesco  (Vatican Media)

L'arcivescovo Caccia: da Francesco una ventata di gioia e giovinezza

L’osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite traccia un profilo del Pontefice che gli “ha cambiato la vita”. “Evangelii Gaudium rimane – afferma - la Magna Charta del pontificato, soprattutto per noi che giriamo il mondo, perché influisce sulla vita della Chiese”

Marie Duhamel – Città del Vaticano

Dopo il ricordo di Papa Francesco al Palazzo di Vetro dell’Onu, martedì scorso, nella plenaria straordinaria per ricordare il Pontefice scomparso, monsignor Gabriele Caccia, Osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite, ai media vaticani sottolinea la vicinanza di molti alla Chiesa in questo momento di lutto. Mette in luce poi il consenso intorno alla figura del Papa come difensore del bene comune e perché ha portato all’attenzione del mondo sfide urgenti che richiedono ancora oggi risposte globali. Personalmente, spiega l’arcivescovo, il Papa che è da poco tornato alla casa del Padre "mi ha cambiato la vita" ed ha inciso in modo concreto nel rilanciare lo spirito missionario della Chiesa.

Ascolta l'intervista a monsignor Caccia

Come è stato l’omaggio reso a Papa Francesco da parte dei membri dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite?

La prima impressione è che è stata una risposta veramente corale, tutti i membri hanno espresso vicinanza sia firmando il libro delle condoglianze, sia partecipando a una celebrazione nella cattedrale di New York in memoria di Papa Francesco, sia partecipando alla commemorazione che si è tenuta all'Assemblea Generale. Tutte queste persone hanno sottolineato come la figura di Francesco abbia raggiunto non solo geograficamente i quattro angoli del mondo, ma abbia toccato ogni persona che si sente veramente vicina alla Chiesa in questo momento, come un'unica famiglia umana che perde un membro caro. Questo è stato un po' il sentimento generale, per una persona che, potremmo dire, ha ottenuto consenso pur prendendo posizioni chiare circa i principi di giustizia, di equità, di umanità e quindi richiamando, anche laddove si percorrono vie non propriamente ottimali per l'intera umanità, il bene comune della società.

Lei è stato nominato da Francesco nel 2019, quattro anni dopo il famoso discorso del Papa al Palazzo di Vetro. Il Papa aveva messo allora i grandi del mondo davanti alle loro responsabilità parlando della salvaguardia della casa comune, del modello economico, della colonizzazione ideologica. Questo discorso ha prodotto frutti in questi anni?

Direi che è cresciuta la consapevolezza non solo nei potenti. Lo abbiamo visto nei vari processi di sviluppo di questi grandi temi come, per esempio, l’aspetto ambientale, le differenti Cop a partire da Parigi in poi, ma è cresciuta anche una sensibilità generale nell'opinione pubblica per cui certi valori, certe tensioni fanno parte di un contesto più ampio. In questo senso ha aiutato molto anche la diffusione dei testi, come le encicliche Laudato sì e Fratelli tutti, nel creare un consenso e una comune mentalità per far fronte a quelli che sono veramente problemi globali e che richiedono risposte globali.

Una voce quella del Papa che era apprezzata nelle Nazioni Unite ma comunque controcorrente…

È stato molto bello ascoltare il presidente dell'Assemblea generale, il segretario generale, i rappresentanti di tutti i Paesi riuniti in diversi gruppi regionali, c’è stato anche un omaggio di tutti i Paesi più piccoli che hanno voluto esprimere la loro solidarietà nei confronti della persona di Papa Francesco. Ascoltando tutti questi discorsi si vede come il Papa è riuscito a far prevalere l'interesse comune sopra le logiche di parte, pur con delle difficoltà nei casi concreti ad accogliere e a trasformare gli appelli di pace o gli appelli sul clima in politiche concrete. Tuttavia la percezione è che questa voce si è elevata per il bene di tutti, che in qualche modo diventa un riferimento se si vuole camminare in questa direzione. In questo senso parlerei di consenso, non vuol dire che tutte le cose che ha detto sono state immediatamente tradotte in azioni, però hanno creato le condizioni per degli orientamenti condivisi.

Che cosa rappresentavano le Nazioni Unite per Francesco, che è stato un difensore del dialogo e del multilateralismo?

Potremmo dire che le Nazioni Unite sono a livello di istituzione l'unico luogo in cui i 193 membri, che costituiscono i Paesi del mondo, possono ritrovarsi, dialogare ed affrontare  le sfide comuni che superano le possibilità dei singoli Paesi a farvi fronte. È anche una scuola, una scuola di pace, una scuola di dialogo. Certo tutte le istituzioni hanno della possibilità di miglioramento, anzi devono adattarsi anche alle nuove situazioni, però certamente le Nazioni Unite sono uno strumento che non ha altri equivalenti se non più ridotti come le istituzioni regionali, continentali o i vari gruppi G7, G20, che però lasciano molti fuori dalla porta.

Quindi ovviamente è molto importante la presenza come osservatori della Santa Sede dentro la sede delle Nazioni Unite…

Pur nell'umiltà della nostra consapevolezza di essere appunto osservatori, accompagnatori e di non avere tutti quei mezzi che gli Stati in quanto tali possiedono, questa voce è ascoltata e apprezzata soprattutto perché si vede che è una voce che va a vantaggio dell'insieme, non di un gruppo, di un Paese o di una categoria. In questo senso c'è un sincero rispetto, un apprezzamento ed anche una sincera amicizia.

Promuovere la dignità di ogni membro della famiglia umana, la giustizia sociale, la salvaguardia della creazione, ovviamente la pace. Sarà anche una sfida per il prossimo Pontefice…Che insegnamenti lasciano i suoi predecessori al futuro Papa?

Credo che sempre nella Chiesa ci si muove come un grande fiume e ci sono delle scelte epocali, ad esempio il Concilio Vaticano II, che ha gettato delle grandi linee direttive e poi ogni Pontefice è diventato interprete e guida a secondo dell'evolversi delle situazioni che non sono prevedibili. La storia non è nelle nostre mani. Però penso che ci sia una grande corrente nella quale ogni Papa, con la sua personale caratteristica, sensibilità e mosso dallo Spirito che insegna a leggere e interpretare i segni dei tempi, dà il suo contributo. Ma vedo come un grande cammino di insieme. Per usare la parola di Papa Francesco, è un popolo in cammino e la direzione si fa insieme. C'è chi corre più avanti, chi rimane un po' più indietro, ma tutti ci stiamo muovendo su queste grandi tematiche e in questo senso il Concilio rimane sempre un faro per la Chiesa.

Che impronta ha avuto Papa Francesco e il suo pontificato su di lei e sul suo ministero?

Concretamente mi ha cambiato la vita, nel senso che ero in un posto, in Libano, mi ha trasferito in un altro, nelle Filippine e dalle Filippine mi ha mandato qui. Quindi un impatto molto concreto, a parte la battuta ma certamente il modo con cui ha trattato con tutti noi nunzi, il fatto che ci fossero delle riunioni tutte insieme e poi anche ogni anno avesse il tempo per riceverci personalmente, lascia un'impronta molto forte. Per me ha dato una spinta a questo senso missionario della Chiesa, a questo senso di gioia. Evangelii Gaudium rimane la Magna Charta del pontificato e per noi, che giriamo da continente a continente, vedere quanto questo influisce sulla vita delle Chiese quotidianamente, è una bella testimonianza. Credo che ha portato una ventata di giovinezza e anche di gioia nel compito missionario dell'intera comunità cristiana.

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01 maggio 2025, 09:00